La “Cerca e cavatura del tartufo” è costituita da un insieme di conoscenze e pratiche tradizionali trasmesse oralmente di generazione in generazione e ancora ampiamente diffuse nelle campagne del nostro Paese.
I tartufai, ovvero i cacciatori di tartufi, di solito vivono in aree rurali o in piccoli paesi.
La “caccia” al tartufo si divide in due momenti specifici: la caccia vera e propria e l’estrazione. La prima consiste nell’identificazione delle aree in cui si trova la pianta dalle cui radici cresce il fungo sotterraneo chiamato appunto “tartufo”. Questo passaggio è eseguito con l’aiuto di un cane appositamente addestrato. I cacciatori utilizzano poi una paletta speciale che consente di estrarre i tartufi senza danneggiare il terreno circostante.
Per saper trovare il tartufo è necessario disporre di un’ampia gamma di capacità e conoscenze su clima, ambiente e vegetazione, connesse alla gestione di ecosistemi naturali e al rapporto tra il cane e il cacciatore di tartufi.
Queste nozioni vengono trasmesse oralmente attraverso storie, favole, aneddoti e espressioni particolari che riflettono l’identità culturale locale, creando uno spirito di solidarietà nella comunità dei cacciatori di tartufi.
Questa antica tradizione è spesso associata a feste popolari che segnano l’apertura e la chiusura della stagione del prezioso fungo. Le pratiche rispettano l’equilibrio ecologico e la biodiversità delle piante, assicurando la rigenerazione stagionale delle varie specie.
L'elemento “Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali” è stato riconosciuto Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità nel 2021.
Per ulteriori approfondimenti, è possibile visitare il sito del Patrimonio Immateriale dell’UNESCO.
Immagine: Archivio Associazione Nazionale Città del Tartufo
16 dicembre 2021